La poesia greca fu un fenomeno
profondamente diverso dalla poesia moderna nei contenuti, nelle forme e nei
modi della comunicazione. Ebbe un carattere essenzialmente pragmatico, nel
senso di una stretta correlazione con la realtà sociale e politica e col concreto
agire dei signoli nella collettività. Espresse vicende esistenziali del poeta
stesso o di altri, ma non fu idiosincratica nel senso moderno. Ebbe come
contenuto ricorrente il mito, che costituì l'oggetto esclusivo della poesia
narrativa e drammatica e il termine costante di riferimento paradigmatico per
la poesia lirica. La sua funzione fu essenzialmente didattica e paideutica, in
maniera più esplicita sia quando operò nell'ambito dei simposi, dei kômoi e delle eterie maschili —come ad esempio la poesia
di Alceo e Teognide—, o dei tiasi femminili —come la poesia di Alcmane e di
Saffo—, strettamente connessa con i riti di iniziazione alla vita coniugale,
sia quando, trasferendosi sulla scena, assunse i modi e le forme della
rappresentazione drammatica. L'elemento che la distanzia radicalmente dalla
poesia moderna è il tipo di comunicazione, non destinata alla lettura, ma alla performance dinanzi a un uditorio, affidata all'esecuzione di
un singolo o di un coro, con l'accompagnamento di uno strumento musicale. Il
termine mousiké designò la poesia nel suo insieme, quale connubio
di parola e musica; i termini più frequentemente usati per indicare la persona
del poeta furono in età arcaica aoidós (cantore) e più tardi, a partire dal V secolo a.C., melopoiós (facitore di canti) e poietés.
(Bruno Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, Roma-Bari, 1984, p.3)
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